E non finisce qui. FS Italiane vs NTV, secondo round




Print Friendly, PDF & Email

“E non finisce qui”, diceva un famoso presentatore televisivo dell’Italia ruggente. E ci permettiamo di riutilizzare questa sua frase per introdurre il nuovo giro di punzecchiature tra il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Nuovo Trasporto Viaggiatori sulla questione della liberalizzazione ferroviaria.
Dopo il primo round delle settimane scorse (v. articolo) riaprono le danze le FS.


I pedaggi ferroviari e la futura velocità massima dell’Alta Velocità italiana sono stati di recente al centro di un dibattito mediatico contrassegnato da alcune inesattezze e approssimazioni. Ecco una nuova nota/elenco di “Non è vero che” con lo scopo di chiarire la situazione attuale in attesa delle decisioni che sulle singole questioni assumeranno le autorità competenti, dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti all’Autorità di Regolazione dei Trasporti fino all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie.

NON E’ VERO CHE RFI NON ABBIA DEBITI PER L’INFRASTRUTTURA AD ALTA VELOCITÀ
Di debiti ne esistono ancora, eccome. Se consideriamo, ad esempio, la realizzazione degli investimenti lungo l’asse AV Torino-Milano-Napoli, scopriamo che RFI deve ancora sopportare oneri pari a 4,2 miliardi di euro, che deve finanziare mediante gli introiti generati in fase di esercizio dalle linee AV, non essendo prevista la copertura da parte dello Stato (che dei 32 miliardi complessivi del progetto si è fatto carico di 27,8 miliardi).
È per questo motivo che, rispetto alla rete convenzionale (dove il pedaggio copre soltanto il costo di esercizio delle linee non sostenuto da contributi statali) sulla rete AV sono previsti pedaggi più alti.

NON E’ VERO CHE PARAGONARE LA ROMA-FIRENZE E LA MILANO-FIRENZE EQUIVALGA “ALL’ADDIZIONE DELLE MELE ALLE PERE”
Proprio per evitare operazioni di addizione tra le mele e le pere (per riprendere una metafora utilizzata da NTV) nel paragonare le linee Roma–Firenze e Milano–Firenze, è possibile rintracciare la verità dei fatti nella Direttiva UE 57/2008, sull’interoperabilità del sistema ferroviario, recepita dal Dlgs. 191/2010.
Il testo classifica le linee AV di prima categoria come quelle “appositamente costruite per l’alta velocità, attrezzate per velocità generalmente pari o superiori a 250 km/h”. Qualifica invece le linee AV di seconda categoria come “linee appositamente adattate per l’alta velocità attrezzate per velocità dell’ordine di 200 km/h”. La linea direttissima Roma – Firenze ha una velocità massima di 250 km/h (sul 91 per cento del tracciato) e ha quindi oggettivi titoli per essere classificata come linea AV di prima categoria, piuttosto che di seconda.
Sarebbe quindi da evidenziare l’anomalia in senso contrario: nonostante la Roma – Firenze sia classificabile come linea AV di prima categoria, i treni AV sostengono il pagamento di un pedaggio pari a 2,36 euro a km. Un costo nettamente inferiore rispetto a quello non solo delle linee AV europee di prima categoria, ma di gran parte di quelle di seconda, indicate nella nota di NTV.

NON E’ VERO CHE IL PEDAGGIO AV ITALIANO NON SIA IN LINEA CON L’EUROPA
Numeri alla mano, e considerando lo stesso caso portato a esempio da NTV, il pedaggio sulla Parigi-Metz è di circa 8 euro al km in fascia diurna e di quasi 10 euro in fascia di punta. A questi valori NTV trascura, però, di aggiungere un costo non irrilevante, ossia il pedaggio per l’uso delle stazioni, che invece in Italia è già incluso, e quindi pari a zero. Ecco che il totale oscilla tra 9 e 11 euro/km, su un percorso, oltretutto, che è classificato solo all’87 per cento come AV. Sulla Parigi-Lione, più trafficata, si arriva invece a 21-29 euro/km, a seconda che si sia in fascia di punta o fuori punta. Sulla Madrid Valencia, anche qui includendo il pedaggio per l’uso delle stazioni e considerando le fasce orarie, si arriva a circa 11-12 euro/km.
In Italia? Sull’intero percorso da Milano a Roma, costituito dal 93 per cento di rete AV di prima categoria, il pedaggio invece è di circa 8 euro/km. E se parliamo di traffico elevato sulla Parigi-Lione non possiamo non tenere conto che il livello di traffico sulla Milano-Roma è persino superiore.
Sulla base di questi dati oggettivi, non è possibile affermare che il pedaggio AV italiano “non sia in linea con l’Europa” o, ancor meno, che sia “tra i più alti di Europa”.

NON E’ VERO CHE FS ABBIA AFFERMATO CHE “IN EUROPA NON ESISTANO PEDAGGI DIFFERENZIATI”
E’ vero, però, che ad oggi il pedaggio italiano, fissato da un decreto ministeriale del 2006, non prevede la differenziazione per grandezza del treno o posti offerti, come neanche quello francese o quello tedesco, tanto per citarne alcuni. Il pedaggio spagnolo, considerato dalla nota di NTV, opera invece una differenziazione dei costi anche in base al parametro “posti offerti”.
In ogni caso la normativa che fissa il pedaggio sulle linee AV risale appunto al 2006, quando sul mercato AV era presente solo Trenitalia. Una regolamentazione, dunque, che non poteva essere stata costruita allo scopo di discriminare NTV. Non solo, NTV è impresa ferroviaria dal 2007, e quindi era perfettamente a conoscenza del livello del canone di accesso all’infrastruttura AV e delle regole che ne definivano l’incremento annuale, in base ai quali immaginiamo abbia definito il proprio business plan.
Comunque sia, RFI lavorerà a un nuovo modello di pedaggio che sarà proposto dopo che l’Autorità di Regolazione dei Trasporti avrà definito i criteri cui esso debba ispirarsi, anche tenendo conto di quanto previsto dalle normative comunitarie.

NON E’ VERO CHE “IL RICAVO MEDIO AL NETTO DEL PEDAGGIO DI TRENITALIA NEL TRASPORTO REGIONALE È DEL 54 PER CENTO SUPERIORE A QUELLO TEDESCO”
Per affermarlo NTV utilizza come indicatore di misura il “treno chilometro” anziché il passeggero chilometro. Ossia divide il totale dei ricavi (corrispettivi pubblici + ricavi da biglietti) per il monte km complessivo percorso dai treni regionali. Divide i ricavi per i contenitori (treni), anziché per il contenuto (passeggeri).
Tanto per capirci. Amate i cioccolatini e prima di rientrare ne acquistate due scatole in due negozi diversi. Una la pagate 10 euro, l’altra il 54% in più: 15,4 euro. A casa vi accorgete che nella prima ci sono 10 cioccolatini, nella seconda, più grande, 20. Ve la sentite di affermare che il secondo negozio ha ricavi superiori del 54% rispetto all’altro? Certo, a scatola…
E’ un po’ così, che ragiona NTV. Ma non lo fanno gli studi comparativi dell’Unione Europea, né le analisi promosse dai regolatori ferroviari nazionali, come l’inglese ORR, che utilizzano l’indicatore passeggeri km.
Non lo fanno neanche le Regioni nel calcolo dei corrispettivi pubblici, che non possono prescindere da quello dei ricavi da biglietti e abbonamenti, inevitabilmente proporzionali al numero di passeggeri trasportati e alla lunghezza dei loro viaggi.
L’indicatore treni-km esprime soltanto la percorrenza totale di tutti i treni in dotazione ma non la dimensione/capacità dei singoli treni, né la loro vetustà. E anche nel settore ferroviario, il costo della produzione varia a seconda della capacità di trasporto (leggi composizione più o meno “lunga”). Tornando al paragone iniziale, scatole più grandi non solo contengono più cioccolatini, ma costa di più acquistarle, stoccarle, gestirle.
Venendo al paragone con la Germania, proposto da NTV: in Italia un treno regionale trasporta mediamente 120 persone (per 6.600 treni al giorno), in Germania, dove i treni sono solitamente composti da poche carrozze, solo 80 (per 24.000 treni giorno).
Per questo motivo il confronto che intenderebbe dimostrare un minor costo del trasporto ferroviario regionale in Germania, non è corretto. La Committenza Pubblica in Italia chiede un servizio diverso rispetto a quanto analogamente contrattualizzato in Germania. E questo richiede un diverso parco rotabili in dotazione, asset e costi di produzione più onerosi: treni tendenzialmente lunghi nel caso di Trenitalia, molto corti nel caso di DB.
Quindi, se il confronto si fa sulle due diverse strutture produttive, adottando come indicatore quello della capacità offerta, ossia i posti.km, il risultato è diametralmente opposto a quello presentato da NTV: DB incassa a posto.km offerto circa 3 volte di più di Trenitalia.
Se invece il confronto avviene sulla base dei passeggeri-km, il ricavo medio unitario di Trenitalia è di 13 eurocent contro i 18,5 di DB e i 24,5 di SNCF. E anche nettando questi valori con i costi del pedaggio, il ricavo medio di DB rimane superiore del 20% rispetto a quello italiano.
NTV afferma anche che i pedaggi del trasporto regionale sono molto bassi e costituiscano un “aiuto invisibile” per Trenitalia, auspicandone così un incremento, parallelo a una riduzione di quelli sulle linee AV.
Questo si tradurrebbe inevitabilmente in un aumento dei corrispettivi pubblici (a carico di tutti i contribuenti italiani) e/o del costo dei biglietti (cioè a carico di chi usa il treno) oppure in una riduzione dell’offerta (meno treni per i pendolari).
Non solo, andrebbe nella direzione opposta a quanto prevedeva una legge del 2011, mai attuata: l’applicazione di una maggiorazione al pedaggio AV per cofinanziare i servizi universali, proprio quelli destinati ai pendolari.

NON E’ VERO CHE SIA PRECLUSA AD ALTRI TRENI LA POSSIBILITÀ DI RAGGIUNGERE I 350 KM/H SULLA RETE ITALIANA AD ALTA VELOCITÀ
In Italia la rete AV è ancora oggi omologata, come velocità massima, a 300 km/h. A gennaio 2015 diventeranno operative le nuove norme STI (Specifiche Tecniche di Interoperabilità) europee che dovranno osservare i treni e le linee costruiti per raggiungere la velocità massima di 350 km/h.
Le specifiche progettuali del treno Frecciarossa 1000 rispettano in pieno le nuove STI europee per i treni AV con velocità massima di 350 km/h. Il Frecciarossa 1000 è stato, infatti, progettato e costruito con una serie di accorgimenti tecnici tali da far sì che il suo impatto sull’infrastruttura (in termini di bilanciamento delle forze centrifughe, spazi di frenatura, livelli di rumorosità pressione sulle rotaie, ponti) non trasmetta sollecitazioni superiori a quelle di un treno che viaggia a 300 km/h. Insomma, gli effetti del 1000 sull’infrastruttura sono gli stessi dell’attuale Frecciarossa.
I test serviranno a confermarlo. Dopo il riscontro positivo di tali test sia sul treno sia sull’infrastruttura (che necessita di piccoli interventi) potrà essere avviato l’iter di omologazione e messa in servizio fino a 350 km/h, secondo gli adempimenti e le verifiche che saranno stati preventivamente stabiliti dalle Autorità ministeriali competenti. Un percorso che non è mai stato precluso, né lo sara mai, agli altri costruttori di treni ad Alta Velocità che intendano certificare e omologare i propri convogli a livelli di velocità superiori ai 300 km/h.


Ed ecco la controrisposta di NTV


I veri conti del pedaggio/ Atto secondo (e speriamo ultimo). Così è, se vi pare

“Io sono realmente come mi vede lei – Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua… Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così”. La verità non esiste o, meglio, non esiste un’unica verità, tutto è relativo”.

E’ così: sui pedaggi italiani, insistiamo, tra i più cari d’Europa, la verità di FS è quella che in un ardito puzzle di affermazioni messe assieme con gli spilli, vede FS. Ma non è detto che sia la verità oggettiva. La verità che vede NTV, per esempio, ha un’altra faccia, ha altri numeri e differenti realtà. Una cosa accomuna FS a NTV, l’invocazione che a fare finalmente chiarezza entri in scena anche Godot, ossia l’Autorità di regolazione competente a dire infine la sua verità (nonostante la lunga attesa, l’accostamento è puramente letterario e non polemico).
Nel frattempo, NTV non rinuncia a qualche sana contro-punzecchiatura (breve, per non tediare la platea) che smonta la costruzione (il)logica di FS.

Fs ha gettato la maschera
Già, perché se è vero, come finalmente ammette, che il debito per la costruzione dell’infrastruttura sia stato assorbito dallo Stato italiano, non si capisce come mai per il residuo di 4,2 miliardi di euro, RFI faccia pagare una tariffa AV al km solo di poco inferiore a quella media francese, quando invece il gestore transalpino RFF ha un livello del debito (non finanziato dallo Stato francese) pari a 36 miliardi di euro, e oneri annui per interessi pari a 1,35 miliardi (contro i soli 64 milioni di oneri finanziari su debiti in capo a RFI). E davanti a questo, che è un fatto, rimbomba ancor più forte la domanda di NTV all’Authority: dove sono i costi di RFI che giustificano un così alto livello dei pedaggi AV in Italia?

La matematica, questa sì, non è un’opinione
E poi: gli oneri in capo a RFI non riguardano comunque la linea Firenze-Roma, realizzata negli anni Settanta e Ottanta. E’ proprio per questa ragione che la maggiorazione tariffaria per l’AV non si applica in questo caso. E quindi, di nuovo le mele con le pere, non si può mescolare questa linea, come fa FS, con quelle di più recente completamento (AV) per dimostrare che la tariffa media a carico delle imprese ferroviarie utilizzatrici sia “la più bassa d’Europa”. Prima elementare, lezione di aritmetica: se ho otto mele e quattro pere, quante ne ho in totale? Risultato: otto mele e quattro pere. E non 12 “melopere” come sostiene FS: se le verità sono tante, l’aritmetica, ahimè, è una sola.

Shortlink: