Dimissionario il CdA di FS Italiane dopo le pressioni da Palazzo Chigi




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L'AD del Gruppo FS Italiane Michele Elia - Foto Alexander Louvet

L’AD del Gruppo FS Italiane Michele Elia
Foto Alexander Louvet

“Il Consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato spa ha rassegnato le dimissioni. Un’assemblea per la nomina del nuovo Consiglio sarà convocata il più presto possibile”.
Con questa scarna nota stampa il Gruppo FS Italiane ha comunicato lo scioglimento in blocco del proprio CdA, compresi il presidente Marcello Messori e l’amministratore delegato Michele Mario Elia. Una decisione che comunque non coglie di sorpresa visti i recenti attriti tra la dirigenza di Villa Patrizi e l’inquilino di Palazzo Chigi.
E’ infatti di pochi giorni fa la volontà del Governo di procedere comunque, e senza sentire ragioni, alla privatizzazione del 40% dell’azienda (v. articolo). Una decisione imposta d’autorità che ha incrinato ulteriormente il delicato rapporto sia tra le FS e il Governo sia all’interno dell’azienda stessa, tra Presidente, favorevole alla privatizzazione ma solo dopo un’adeguata ristrutturazione del gruppo e con la rete in mano pubblica, e AD, che auspicava una quotazione in borsa non limitata ad alcuni asset ma comprensiva anche dell’infrastruttura
A seguito della decisione del presidente del Consiglio del Ministri Matteo Renzi, di procedere “d’imperio” alla privatizzazione, è giunta, in perfetto stile rottamatore, anche la richiesta di “farsi da parte”. E’ mancato però stavolta il consueto tweet di accompagno.
Cosa succederà adesso in FS non è affatto ancora chiaro. L’unica voce al momento è quella che a giudare l’azienda potrebbe arrivare Renato Mazzoncini, renziano di ferro, amministratore delegato di Busitalia, e colui che ha guidato l’ingresso della controllata FS nella gestione dei bus urbani proprio a Firenze. L’uomo giusto quindi per seguire il cammino tracciato dal premier nella privatizzazione dell’azienda ferroviaria di stato.
Per il resto, nessuno lo sa. Il decreto del presidente del consiglio dei ministri infatti parla soltanto di voler mettere sul mercato il 40% dell’azienda e conservare il controllo della rete ferroviaria. Ma in cosa consista realmente questa quota in vendita, nessuno lo ha ancora chiaro. O meglio, una cosa è evidente, si vuole comunque fare cassa bissando l’operazione compiuta con Poste Italiane per alleviare un po’ i bilanci pubblici, senza stare tanto a guardare criticità od importanza degli asset.
Un po’ come venne fatto negli anni ’90 con Telecom Italia.

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